Quando pensiamo all’ictus pensiamo solitamente a un problema squisitamente vascolare cerebrale; molte volte lo è veramente ma spesso l’ictus è provocato dalle aritmie atriali. Le aritmie che coinvolgano cronicamente l’atrio, cioè la camera superiore del cuore che finisce direttamente nel ventricolo e quindi nell’aorta diretta verso il cervello, sono tra le maggiori responsabili dell’embolizzazione e della ischemia cerebrale. Sembra addirittura che l’ictus sia percentualmente maggiormente provocato dalle aritmie cardiache rispetto alla possibilità di ischemia dovute a cause locali. Essendo l’atrio durante la fibrillazione virtualmente fermo, questa velocità di scorrimento difficoltata predispone alla possibilità di aggregazione degli elementi corpuscolati del sangue e quindi la costruzione di trombi. La diagnosi di fibrillazione atriale è spesso difficile perché non dà il minimo segno della sua presenza nei momenti liberi in cui una persona può essere visitata durante la giornata. Infatti prima che l’aritmia si stabilisca cronicamente una persona può passare minuti o ore in aritmia, molto spesso a frequenza non elevata, per cui l’evento decorre assolutamente asintomatico. Gli eventi possono capitare anche a distanza di mesi per cui anche con una monitorizzazione giornaliera possono essere di difficile diagnosi. Può essere quindi utile aumentare il periodo di monitoraggio a una settimana o a mesi, questo con dispositivi particolare inseriti sottocute. Spesso una attenta visita con una valutazione ecocardiografica può accrescere il sospetto e indurre il cardiologo a procedere con valutazioni mirate a diagnosticare la patologia sino a quel punto misconosciuta.